Angeli
Io ho un paio di angeli custodi, li chiamo a raccolta ogni tanto, in genere quando il cielo promette acqua e se ne resta lì, a decidere se innaffiarci oppure no. Non hanno il volto efebico né lunghi boccoli biondi, ma barbe spinose e una zazzera incolta. Puzzano di sigarette e di esperienze che hanno vissuto prima di me, loro lo sanno.
Hanno spesso da fare, ma nei rari momenti in cui lancio loro un SOS ci sono, sempre. Soprattutto nei giorni più grigi, mi ricordano che il talento è anche andare avanti, migliorare, sempre, mai dare nulla per scontato, col sangue alla bocca, il collo incriccato, diottrie che se ne vanno, mani dolorose e tunnel carpale andato a farsi fottere. E’ anche quello, il talento, oltre a un pizzico di fortuna.
Mi fanno una carezza ruvida, mi prendono a calci nel sedere con tutto l’affetto che possono, spiegano le ali callose e volano via. Non so come siano fatti i vostri angeli, i miei funzionano così e io mi sento una privilegiata.
Rispondo cose insensate, tipo che “la mia miopia è leggermente migliorata, in compenso sono diventata presbite. Non raggiungo neppure una diottria, ma posso peggiorare volendo. Ti voglio bene, grazie”.
E loro capiscono e magari sorridono.
E torneranno, nei giorni di quasi pioggia che mi rendono così fragile e ho bisogno di puzza di esperienze già vissute e di sigarette.
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