Chiuso per “romanzo”
Ora. Definirlo “romanzo” è un’operazione che racchiude dosi di fanatico ottimismo. E’ più onesto dire che sto partorendo un racconto che forse, con l’aiuto di Dio e magari di un editor che sappia realmente dove mettere le mani, potrebbe trasformarsi in qualcosa di leggibile.
In genere riesco a scrivere solo di ciò che vedo o vivo in prima persona. La fervida inventiva che mi apparteneva un tempo se l’è trascinata via l’età e anche qualche dolore di troppo. E’ antico ‘sto pupazzo, amicibbelli, è antico e anche stanco. Però… però c’è questa piccola storia racchiusa nella memoria del pc da un bel po’ di anni.
Sdoganarla dalla prigionia non è come vomitare amenità su un blog, scrivere racconti brevi, strappare di tanto in tanto un sorriso alla gente o dipingere la tua versione della maternità. E’ un’operazione impossibile quando non possiedi doti da romanziere, anche se pochi se ne rendono conto. Il risultato è, nella maggior parte dei casi, drammatico.
Un mucchio di gente si alza la mattina e stila la lista dei to do giornalieri:
– Pieno di benzina –
– Appuntamento con il veterinario –
– Osteopata ore 16:00-
– Pane, latte, Nutella, piumini da spolvero –
– Scrivere un romanzo –
Io no. Al mattino, quando mi alzo, penso che mi piacerebbe raccontarla come si deve quella storia e non lanciarla a caso nell’elenco di cose che chiunque può fare. Vorrei darle un senso, regalarle un perché. Glielo devo. E’ tanto che aspetta…
Un caro amico, scrittore fantastico e anche parecchio famoso, mi ha suggerito di raccontare i personaggi come se fossi affacciata a una finestra interiore. “Lo scrittore è solo un testimone. Guarda una storia da una finestra che ha dentro, e la racconta. Può forse interpretarla, ma non cambiarla.” Basterebbe perciò affacciarsi, osservare e descrivere ciò che vedi, senza metterci troppo del tuo.
Amico mio, il tuo consiglio è valido, lirico e stimolante. Però tu, gioia, hai dimenticato di dirmi dov’è quella benedetta finestra. E hai dimenticato anche il genio che sei, te ne dimentichi spesso. Soltanto i geni scrivono affacciati alle finestre.
Però…però in qualche modo vorrei provarci e allora adesso sono affacciata da qualche parte. Ecco come mai il blogghino è orfano di post da qualche giorno. Sono affacciata, già, con le gambe penzolanti nel vuoto e la speranza di veder arrivare i miei personaggi per raccontarli, possibilmente in modo decente. Peccato, però, che io soffra in modo scellerato di vertigini. Non aiuta molto, fidatevi, e qualche vaffanculo mi scappa di cuore, esattamente come quel giorno a Parigi. Però ci provo lo stesso.
Quella piccola storia è da tanto che aspetta. E anch’io, a dirla tutta.
In bocca al lupo…
Io è un po’ che volevo scrivere un giallo. Ma sono disorganizzato. Lo scrivo come uno che lo sta leggendo: il colpevole non so neppure io chi sia.
Mi sa che sbaglio approccio. Poi ora devo andare dal veterinario 😀 😀 😀
Io dall’osteopata 🙂
il mio coach dice sempre: è giusto raccontare ciò che si ha in tasca, ma occorre saperlo fare catturando il lettore.
Credo sia la chiave. A meno di essere dei geni capaci di parlare di luoghi mai visti o essere dotati di immensa fantasia, va a gusti ovvio ma prendi il commissario Montalbano e Harry Potter.
Perchè alla fine un buon racconto può essere anche frutto di una giornata particolarmente felice e fortunata, un romanzo no. Un romanzo è lacrime, sangue e cessello ma alla fine la cosa davvero bella di scrivere è scrivere.
Quindi Enjoy!
Un romanzo non dovrebbe procurare lacrime a chi lo scrive, casomai generarle in chi lo legge. Di gioia, di commozione, quello che sia. A me diverte scrivere, mi piace sul serio. Però (e questo vale per qualsiasi cosa mi metta in testa di fare)se il risultato non convince me per prima qualche vaffa mi scappa. Il genere poi, si distacca da quello che scrivo abitualmente, ecco perchè è complicato. Coach? Esistono forse coach per gli scrittori? La domanda non è sarcastica, è semplicemente che non avevo mai sentito parlare di “coach” in questo senso. Grazie per il commento, Sandra!
Cesello non ceSSello che è terribilmente assonante con cesso e non sia mai : )
Giààààà. Cessello non era granchè incoraggiante. Rido 😀
Uno dei miei insegnanti dei tanti corsi di scrittura è il mio coach perché ha un approccio all’insegnamento ben diverso da regole e tecnica – che a mio avviso un po’ serve anche se il talento o c’è o non c’è – e dopo tanta teoria, con gli altri prof., ha saputo trovare la via per farmi tirare fuori il meglio che era lì un po’ soffocato, lui stesso ha dovuto ricredersi su alcuni aspetti del mio modo di scrivere, e io su di lui, quando abbiamo superato questi piccoli scogli è andata alla grande. Anzi va, ora è presente nella mia scrittura. Un bacio
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