Comunicazione e ascolto
Il nuovo tema del mese di genitoricrescono mi sta particolarmente a cuore. Offre possibilità di riflessione multi sfaccettate, argomenti sicuramente impossibili da sviscerare tutti nell’arco di un unico mese. Per il momento mi concentro su un unico aspetto, quello della comunicazione fra “diversi”, persone che ci ritroviamo continuamente accanto e che magari condividono i nostri interessi, le nostre passioni, il modo di affrontare la vita ma non quello di comunicare i propri sentimenti.
Il risultato è quello di essere pesantemente fraintesi, il prodotto – almeno per me – è la frustrante sensazione di non essere mai in grado di comunicare le mie esigenze, eppure mi sforzo di farlo. Mi sforzo forse troppo, magari è proprio quello il fulcro del problema.
A me capita praticamente da sempre e mi succede ovviamente con le persone alle quali tengo di più. Cosa sarebbe la mia vita senza la mia brava dose quotidiana di sofferenza? Stenterei a riconoscerla, Dio non voglia mai.
Riuscire a comunicare, anche concetti logici e per nulla astrusi, ovvietà che l’interlocutore potrebbe recepire senza sforzi trascendentali spesso sembra impossibile. Basterebbe semplicemente ascoltare e ascoltarsi, venirsi incontro, mettere da parte il proprio egoismo per accorgersi che l’affermazione di un sentimento non può reggersi su un “io”, ma deve necessariamente abbracciare un “noi”.
Io nutro un’esigenza che a molti appare inammissibile: ho bisogno che la comunicazione dei sentimenti venga in qualche modo avvalorata dai gesti. Non pretendo affatto che siano quotidiani, ma occasionali magari sì. Cose semplicissime, rudimentali oserei dire, come una telefonata ogni tanto (OGNI TANTO, mi andrebbe di lusso anche una volta al mese), un minuscolo regalo tipo ascoltare sul serio quello che dico, un’attenzione che può essere anche una margherita strappata di straforo dal giardino del vicino o semplicemente un abbraccio dato così, senza un’apparente ragione.
Io cerco di comunicare questa mia esigenza e il novanta per cento delle volte fallisco miseramente. Chiedo magari un briciolo di attenzione “occasionale” e l’altra persona capisce un “continuativa” e si indispettisce non comprendendo che quella richiesta non nasce da un’esigenza di controllo dei sentimenti, ma dalla naturale voglia di sentirsi un essere “esistente”. Nel frattempo, io impazzisco cercando di comprendere perché non sono in grado di comunicare che lanciare di tanto in tanto un “ti voglio bene” o un “ti amo” senza regalare coerenza a queste affermazioni a me appare inconcepibile.
Frasi come “tanto lo sai, no, cosa provo per te? Che bisogno avrei di dimostrartelo?” oppure “sei la mia migliore amica, neppure devo dirtelo, lo so che non ti chiamo da sei mesi però io ti voglio bene, lo sai!” (potrei anche non saperlo, eh!, visto che non me lo dimostri mai) a me sembra fantascienza allo stato brado, ma non è neppure questo il punto.
Il punto è che io non pretendo dalle persone che amo dimostrazioni o quantificazioni d’affetto continue, non soppeso l’amore in base al numero di telefonate, di regali o di attenzioni, non tengo certamente la contabilità di chi mi manda messaggi più spesso per poi stabilire chi fra queste persone mi voglia più bene. Assolutamente no, non è questo che faccio e non è questo che voglio.
Io chiedo loro semplicemente coerenza, perché se affermi di tenere a me in qualche modo allora devi comportarti di conseguenza. E quel “devi” non fa affatto parte della mia presunta pretenziosità, quel “devi” è la naturale appendice della logica. Limitarsi a dirmi “ti voglio bene” e poi ignorarmi per giorni, settimane se non mesi per me non ha alcun senso. E’ come dire “sono vegetariano” mentre si sta spolpando l’osso di una fiorentina, non trovo altra allegoria per spiegare meglio il concetto.
Sarò forse bizzarra io, non discuto, però al momento non dispongo di strumenti soprannaturali per leggere nella mente della gente. Ho bovinamente bisogno di sentirmi chiedere, di tanto in tanto, come sto. Ho questo bisogno concreto di occasionali pensieri affettuosi per sentirmi viva e importante, mettetemi alla gogna per questo se tante volte me lo merito, ma ce l’ho e non posso essere sempre io quella sbagliata. Magari diversa, ma sbagliata veramente no.
Sarà forse la maledetta influenza del mio segno zodiacale a rendermi ipersensibile a certe tematiche, sarà davvero che sono io quella che pretende troppo dagli altri, sarà anche colpa del periodo durissimo che sto vivendo, probabilmente il più problematico della mia intera esistenza, ma sentirsi rispondere a una semplice richiesta di attenzione sporadica con un arrogante : – Io sono fatta/o così, non posso cambiare – a me appare come un insulto alla mia dignità. Un insulto e la chiara prova che questa persona non mi sta affatto ascoltando, ma che sta seguendo percorsi mentali tutti suoi. Suoi e basta, per me non c’è spazio alcuno.
Non so cosa comunichi a voi un’affermazione del genere, tanto per sforzarmi di rimanere in linea con il tema del mese. Io ci leggo un: – Quella sbagliata sei tu, quella che non capisce sei tu, quella che deve cambiare sei tu perché io sono io e tu non sei un ca@@o –
Se per caso vi state chiedendo se pretendo che siano gli altri a cambiare per amor mio sappiate che no, non rientra davvero nel mio carattere. La mia idea di rapporto ideale sarebbe un logico tendersi reciprocamente la mano, ma alla fine sono io quella che da sempre si modella sulle esigenze degli altri, che spesso si annulla per quieto vivere, che si sforza di provare empatia, che accetta – non senza qualche comprensibile difficoltà – la ovvia e benedetta diversità degli altri. E’ solo che, parafrasando Forrest Gump, adesso sarei “un po’ stanchina”.
Concludo con la mia frase clou, quella che dico da secoli a mia madre aspettando da quarantatrè anni che si sforzi di coglierne il senso: – Io ti fornisco il mio libretto delle istruzioni, l’ho scritto in modo semplicissimo. Non pretendo la luna da te, soltanto che tu ti sforzi di venirmi incontro almeno una volta nella vita. Se tu non lo vuoi leggere, io non so in quale altro modo spiegarmi. –
Sentirsi trasparente è una sensazione orribile, eppure basterebbe un niente per regalarmi consistenza. “A volte basta una parola per stare bene a metà”, così dice Pino Daniele. A me ne basterebbe anche mezza per stare bene nella mia interezza, ma provateci un po’ voi a farlo capire a chi di dovere.
Questo post partecipa al blogstorming di genitoricrescono. Tema del mese: comunichiamo.
“io sono fatto così” è una scusa, una via di fuga, un alibi. E non è neppure tanto solido.
Con chi ho confidenza arrivo a rispondere: beh, sei fatto male, datti una mossa
E’ purtroppo solidissimo, invece. Chi pronuncia una frase del genere è seriamente convinto di aver ragione, è questo il fattore più sconvolgente. E’ come sbattere la testa contro un muro, e ci si fa malissimo. Sapessi quante smosse ho chiesto nella mia vita, tante da poter causare un terremoto. E’ rimasto tutto fermo, perché quella che deve cambiare sono ovviamente io.
Sei riuscita a scrivere in modo impeccabile tutto quello che sto pensando in questo periodo. Non dormo la notte per riuscire a portare a termine le mille cose che sono sopraggiunte all’improvviso (ora sto facendo 5 minuti di pausa) e di giorno mi sento una trottola in balia del vento. E poi oggi ho assistito ad un grande gesto di attenzione, rispetto e amore da parte di mio papà nei confronti di mia mamma e mi sono quasi venute le lacrime agli occhi. Loro hanno un bar e lavorano insieme tutto il giorno, lei la sera torna a casa un’oretta prima e prepara da mangiare, tranne il martedì perchè va a lezione di ballo (unico suo svago e “vizio”). Quindi mio padre oggi, quando è tornato a casa a riposarsi all’ora di pranzo ha preparato la cena, ha apparecchiato con tanto di tovagliolino piegato a triangolo e messo nei bicchieri, ed ha messo tutto in tavola. Così quando tornerà mia mamma potrà farsi una doccia e riposarsi qualche minuto prima di mangiare insieme, invece di dover cucinare. Ecco, secondo me questo è uno dei più grandi gesti d’attenzione nei confronti di un’altra persona, molto più di un qualsiasi regalo costosissimo.
Molto più di qualsiasi regalo costosissimo e mille volte più prezioso di un “ti amo” buttato lì, tanto per. Piccoli gesti, nulla di trascendentale, esattamente quello che intendevo dire io con questo post. Nessuno pretende di trovare la cena pronta tutte le sere, ma una volta ogni tanto scalda il cuore.
Ehi, ma sono io quella che scrive o sei tu? Perché, che strano, mi sembra di sentirmi! Strano effetto! Proprio oggi scrivevo ad una mia amica che compie gli anni praticamente le tue stesse cose: dignità, trasparenza, etc etc…. Non è che sei del cancro? E hai pure quarantatré anni: aaaah! Crisi d’identità!
Cancro, sì :-), universalmente riconosciuto come il segno più sensibile dello Zodiaco. Credo, in ogni caso, che anche la più gelida e razionale delle persone troverebbe qualche “lievissima” difficoltà ad accettare una frase come “io non posso cambiare”. Una curiosità: scrivevi alla tua amica le stesse cose perché è una di quelle persone che “tanto lo sai che ti voglio bene, che te lo dico a fa’?”. 😉
A me succede quasi ed esclusivamente con una persona. E da masochista fino al midollo, me la sono sposata 🙁
Anch’io, Rachele. Bella mossa, nevvero? 🙂 Però lui non è fra i peggiori, il peggio non è mai morto. Coraggio e massima solidarietà.
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