Donne che amano troppo
Ho appena terminato di scrivere un romanzo, tanto per ingannare il tempo sto buttando giù la trama per un sequel. Sì, è parecchio ridicolo. Sarà già un miracolo che qualcuno non dico pubblichi, ma legga il primo. Però ho una filosofia di vita, ereditata dalla mia saggia nonna: “Mejo ‘na cosa fatta che cento da fa’.”
Sarà anche questo grossomodo un giallo, o un noir. Magari un’ape, come mi diverto a definire io la roba che mi sono messa a scrivere. Come nel primo, voglio schiaffarci dentro una storia d’ammmòòòre, possibilmente facendo in modo che uno faccia molto, molto male all’altra o viceversa.
Intanto vi tedio raccontandovi quella che ho sviluppato nel primo romanzucolo, una storia che affianca la trama principale. Il pretesto, in realtà, è segnalarvi un libro che ho letto moltissimi anni fa.
L’ossatura di questo rapporto è banalissima, rasenta la noia. Lui, un artista famoso idolatrato dalle donne. Non più giovanissimo, ma oggettivamente figo. Occhio che non è un tizio stile “Cinquanta sfumature di grigio”, certe stronzate le lascio scrivere a chi è più pratica (e furba) di me. Figo non è necessariamente sinonimo di giovane/ricco/potente/aitante/sessualmente instancabile e/o perverso. La figaggine è impastata di elementi più sottili e raffinati, questo a patto di possedere un paio di neuroni che facciano contatto almeno durante i giorni dispari della settimana.
I primi tempi della loro relazione lui la intortella dandole ad intendere di essere premuroso, romantico e gentile, un autentico signore d’altri tempi. Lei l’ha conosciuto così, il mondo lo conosce così. E’ bravo a costruire personaggi, lui. E’ il suo mestiere.
Lei, nonostante sia oggettivamente intelligente, ci casca con tutte le scarpe. Molto più giovane dell’uomo, ha contribuito significativamente a costruire il successo del tizio. E’ divertente, sagace, dignitosamente bella. Non vi dico una gnocca, ma è una che sicuramente fa girare la testa agli uomini senza effetti speciali: esistono persone dotate di un carisma che prescinde la bellezza, cerchiamo di andare oltre certi stereotipi perché già a questi due ne ho cuciti addosso fin troppi, meglio non addentrarmi ancora nella fiera delle banalità.
Per una serie di circostanze, non consumano il loro rapporto. E’ un qualcosa di testa, il sesso resta solo a margine, la loro è un’affinità elettiva infilata in un complicato rapporto a distanza. Anche se, potendo, una bella spettinata di quelle selvagge se la godrebbero più che volentieri. Ma andiamo avanti…
Si conoscono da anni, a un certo punto lui una mattina si sveglia e confessa alla sua amica di sempre che è pazzamente innamorato di lei. Non sarebbe stato veramente il caso, entrambi sono impegnati e lei ha i figli ancora piccoli. E per una serie di altre circostanze, riescono a vedersi soltanto poche volte l’anno. Avrebbe dovuto tacere, il tizio, e invece no: in un momento di forte emotività le confessa il suo amore. Così, senza pensare alle conseguenze, allegramente inconsapevole. C’è gente che lancia in giro “ti amo” come se fossero cartacce sporche di cui liberarsi, non riflettono mai sul fatto che anche un bidone dell’immondizia può avere una sua dignità. Il momento del cojone, lo chiamerei causticamente io. Un atto di imperativo romanticismo, lo definirebbero i cuoricinati.
Il tizio continua a dichiararle il suo ammmmòòòòre con modalità che alla fine la fanno crollare. Nonostante il rapporto con il suo compagno sia in crisi da tempo, la stoffa della fedigrafa proprio non ce l’ha. La cosa più interessante è che lui non vuole portarsela a letto per deliziarla con amplessi inconsueti e ripetuti, no, questo sì che sarebbe stato un fine ridicolo persino per una come E. L. James.
Fa qualcosa di molto più perverso: la trasforma in una bambolina, di quelle che fanno sempre sì con la testa. Una che per disperazione continua a lucidare il suo ego, a implorare briciole di attenzione ovvie per una che si sente dire “ti amo”.
L’uomo diventa di colpo insofferente, scompare per settimane senza una spiegazione, inizia a dirle che lei è opprimente, pesante, che la sua assurda richiesta di ricevere almeno una telefonata di tanto in tanto lo fa sentire come uno che deve timbrare un cartellino. Accade quando si accorge che lei è cotta come una pera, dopo che si scambiano il primo e unico bacio. Comincia a svelarle la sua autentica natura, a inventarsi cazzate su cazzate, impegni lavorativi spesso inesistenti. Non ha tempo, per nessuno. E’ questa la sua scusa ufficiale. Ma lei sa benissimo che questo non è vero: lui dà tutto agli altri per raccogliere applausi in giro, un comportamento di comoda facciata, e niente a lei.
Lei dovrebbe accontentarsi di questo niente. Capire che lui la ama ancora, anche se non glielo dice più. Leggergli nel pensiero, interpretare il suo silenzio, sostenere una lontananza costante senza fare un fiato, senza che lui si preoccupi di fare una cosa normalissima: dirle di tanto in tanto che la pensa, anche con uno stupido SMS. Le basterebbe anche soltanto questo per continuare a vivere.
Lei dovrebbe comprendere le sue sfuriate, accettare il suo carattere di merda, perdonare uno che l’ha fatta innamorare di un fantasma che non è mai esistito. Il grande e romantico signore subisce una metamorfosi improvvisa come neppure il bacarozzone di Kafka. E a lei questo insetto deve piacere per forza, prendere o lasciare. La bambolina chiaramente non ci sta, quando si sveglia dal suo torpore di Bella Addormentata gli chiede spiegazioni. La logica schiacciante dell’uomo è “ti scrivevo e dicevo cose meravigliose perché ci stavamo conoscendo, adesso non ti servono più.”
Ah. Ecco.
L’ho tagliata questa giustificazione, l’avevo scritta nella primissima bozza. Perché in qualche modo ai propri personaggi ci si affeziona, anche a quelli più incredibilmente stronzi o cattivi. Sarebbe stato troppo delirante attribuirgli una motivazione del genere, persino uno come lui non sarebbe stato credibile.
Non proseguo oltre. Fare spoiler su testi propri, o degli altri, non è una mossa esattamente brillante.
Di donne che amano troppo è piena la letteratura e purtroppo anche il mondo reale.
Nei romanzi ci si può liberare di uomini come questi, nella vita troppe porgono l’altra guancia per disperazione d’amore. Per favore no. Già il primo sganassone sarebbe sufficiente per guardare dritto negli occhi un insetto; le guance sono soltanto due, a furia di girare il capo per farti schiaffeggiare finisce che ti rincoglionisci e magari ti fai pure ammazzare.
Per favore no.
Donne che amano troppo, di Robin Norwood, parla di casi limite, di donne che spendono inutilmente le loro energie per cambiare un uomo in un meccanismo di assuefazione simile alla tossicodipendenza e all’alcolismo. Vi si leggono testimonianze che sfiorano la follia, storie tutte dolorosamente vere.
La tizia del mio romanzo avrebbe dovuto leggerselo, magari. Il punto è che lei non voleva cambiare l’oggetto del suo amore. Voleva semplicemente indietro il suo fantasma, quello che un tempo la chiamava “la sua piccola meraviglia”, un personaggio creato ad hoc per lei, un uomo che in realtà non è mai esistito.
Certi fantasmi sono troppo difficili da affrontare, anche con un testo interessante come questo. Come tutti i manuali, non ha la pretesa di fornirvi la bacchetta magica per impedirvi di amare troppo. Però io mi permetto di consigliarne la lettura a chi, in questo momento, giustifica i malumori o l’indifferenza del proprio uomo.
A tutte quelle che non approvano il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento ma si adattano pensando che saranno abbastanza attraenti e affettuose finché lui non cambierà per amor loro. Ecco. State amando troppo lui e poco voi stesse.
Soprattutto, non state amando affatto.
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