Mio figlio è una pentola a pressione
Ieri ho ritirato la pagella di Superboy. Lieve piantarello: nervi misti a gioia. Ci risiamo: ha ripreso a rispondere a pene di alano alle maestre. Fa quello che fa in casa con noi, in sostanza. Circa 8 anni che lavoriamo sul tema: – Non puoi sempre essere il n.1, mamma e papà non lo pretendono. Oppure: non incazzarti per ogni minima cosa che non va nel verso giusto, così vivi male. Impara a gestire la rabbia, non puoi dare di matto alla minima contrarietà – cosucce così, ovviamente lui non ascolta.
Di anni ne ha quasi 10, mancano soltanto due giorni al suo compleanno.
Io mi danno, facendogli sempre esempi pratici su quello che accade in concreto nella vita, a me in primis.
Ma lui è lui, farlo ragionare è impossibile.
Le lacrime di rabbia le ho versate perché sono stanchissima.
Le lacrime di gioia le ho versate per merito delle maestre.
Non mi hanno mai convocata, se la smazzano loro. Sanno come prenderlo. Una delle due, in particolare, ed è arrivata soltanto quest’anno. Mi ha detto che la scuola tende sempre a proteggere chi ha difficoltà di apprendimento, mai chi ha il “problema” contrario. Così, ovvia prestandogli piccole attenzioni come chiedergli consulenza sul funzionamento della lavagna elettronica, è l’unico in grado di aiutarla (parole testuali della maestra). E Superboy, quando lei lo loda per le sue capacità, risponde che è normale. Lui è figlio di un perito elettronico, ecco perché se la cava con i computer.
Quindi: se da una parte riesce a mantenere l’umiltà necessaria a non vantarsi dei suoi meriti, dall’altra impazzisce se non ottiene il massimo dei voti oppure se le maestre lo rimproverano o lo correggono su qualcosa.
Io l’ho partorito, io so. Lo so quanto può essere difficile trattare con mio figlio. È complicato, perché il suo equilibrio è fragilissimo: basta un nulla per mandarlo in bestia.
Cercano di “dargli di più” perché il compito di una maestra dovrebbe essere quello di occuparsi di tutti i bambini, e non è eticamente corretto concentrarsi esclusivamente su quelli che non possono vantare tutti dieci in pagella. Affermazione cinica, lo so. Scatenerà un vespaio di proteste, me ne rendo perfettamente conto. Mi dolgo sinceramente per averla scritta, però non è così mostruoso felicitarsi del fatto che delle insegnanti cerchino di sostenere e valorizzare anche i bambini più capaci, soprattutto se uno di quei marmocchi lo hai partorito tu.
Le maestre, mentre cercavano di spiegarmi quale fosse – talvolta- il comportamento di Ale non l’hanno mai colpevolizzato. Non hanno mai detto mi manca di rispetto ma così soffre, vive male. Dobbiamo cercare di fargli capire come prendere le cose più alla leggera.
Io piangevo di gioia e di rabbia. La mia rabbia non nasce dalla frustrazione di non riuscire come genitore, io ce la metto veramente tutta. La mia rabbia è causata dal fatto che non riesco a proteggere mio figlio da se stesso. È come una pentola a pressione, Superboy. Una pentola a pressione, sì. Non trovo altra similitudine per definirlo.
Mi ritengo fortunata a poter disporre della collaborazione di queste insegnanti, non è cosa che capita tutti i giorni. Si rendono conto, soprattutto la maestra che lo segue fin dalla prima elementare, che i suoi genitori tentano in tutti i modi di contenere la sua rabbia, la sua frustrazione se qualcosa non va come dovrebbe andare.
E se ne rendono conto perché durante i colloqui non cerco mai di giustificare i suoi cattivi comportamenti con il classico “scusatelo, se potete. Sta attraversando un brutto periodo.” Il periodo che stiamo attraversando non è esattamente il più felice degli ultimi mille anni, ma ciò non lo giustifica affatto: lui è così da sempre, il fatto che in famiglia al momento si pecchi un po’ della consueta serenità può essere un’aggravante, non la causa scatenante di ciò che è sempre stato.
Voti splendidi, il più basso è il suo 8 in condotta. Ma non è questo il punto. Dei voti francamente me ne infischio, quello che gli ho sempre detto – fin dal giorno in cui ha infilato il suo primo grembiulino – è che i voti sono un aspetto assolutamente secondario a scuola. Dare il meglio che si può senza inutili angosce, impegnarsi per quelle che sono le proprie capacità ma soprattutto divertirsi: è questo che cerco di trasmettere a mio figlio. Ogni mattina che Dio manda in terra, quando lo lascio davanti al cancello, non gli dico: Stai attento in classe ma Buon divertimento, tesoro.
Dare il meglio di se stessi non si traduce necessariamente in una sfilza di 10, nessuno in famiglia lo pretende. Però lui soffre e si danna se il risultato non è quello sperato.
Voti splendidi, identici a quelli che prendevo io da piccola, 8 in condotta incluso. Chiacchieravo troppo, però, non davo di matto di tanto in tanto né lanciavo il mio zaino contro il muro alla minima contrarietà.
In un microcosmo di madri che confrontavano voti e giudizi, ieri sera, io sono stata una delle poche a nascondere subito la pagella di mio figlio in borsa. Dentro ci ho infilato anche parecchia inquietudine e il solito, annoso problema: come faccio a proteggerlo da se stesso?
Immagina se posso io risponderti ad una simile domanda! Problemi interiori simili ma reazioni opposte, nel mio caso è il troppo silenzio a scuola che assorda la maestra e me.
Non parliamo mai dei voti, abbiamo mille altre cose che vengono prima, perché avere tutti 10 e anche ottimo di condotta non significa affatto che mio figlio stia bene e che il nostro mondo stia girando alla giusta maniera.
Sul fatto che non ci sia attenzione per gli studenti che potrebbero andare un po’ più veloce e non possono e neppure se ne può parlare … posso solo dirti che hai ragione, la frustrazione è tanta proprio perchè oltre alla pena ti tocca pure sentire la necessità di nasconderla quella benedetta pagella.
Un paio di post fa ho parlato di alcune iniziative, una anche a Roma … non so, è solo per ascoltare chi con i bambini “pentole a pressione” (definizione perfetta!) ci lavora tutti i giorni. Vi abbraccio.
Marzia, è una gioia averti qui. Sto trascurando paurosamente i blog, i motivi li conosci, riesco a malapena ad aggiornare questo spazio. Mi riprometto di leggere i tuoi post il prima possibile, sono sicura che troverò qualche spunto interessante. Vi abbraccio anch’io, tanto. Un bacio speciale alla tua pentola a pressione, prima o poi troveremo quella benedetta valvola di sfogo.
Io sono perfettamente d’accordo con te sul fatto che è sacrosanto che tutti i bambini debbano essere seguiti dalle insegnanti, anche quelli con pagelle “luminose”.
Ti dirò di più, io ho sempre sostenuto che debbano essere aiutati ad ampliare le loro conoscenze per sviluppare tutte le loro potenzialità.
Alcuni mesi fa sono stata squadrata come un marziano al consiglio di classe di mio figlio grande (al primo anno di un istituto tecnico famoso in città per l’eccellente preparazione) perché, dopo che avevano illustrato tutti i programmi e le attività organizzate dalla scuola per il recupero degli alunni in difficoltà (e ti assicuro, tanto di cappello), io mi sono “permessa” di chiedere se erano previste attività di approfondimento per chi non doveva recuperare.
Dagli sguardi allucinati degli insegnanti (hanno sgranato gli occhi anche quelli che sembravano dormicchiare) era chiaro che la cosa non era mai neppure stata presa in considerazione!
Altra frase che mi manda fuori dai gangheri è “Ha la media di 8.4 ma gli ho dato 7 al primo quadrimestre perché altrimenti si adagia”. Ma stiamo scherzando? Casomai si demoralizza proprio così! I ragazzi non sono stupidi, crescendo vedono chiaramente le differenze di impegno nello studio e se queste non vengono valorizzate pensano “Ma che mi impegno a fare?”.
Scusami l’invasione, sono stata lunga ma sono argomenti che mi toccano e sui quali raramente trovo “condivisione”.
Continua a scrivere, sei favolosa. Auguri.
Averne tutti i giorni di “invasioni” come la tua! Tanto di cappello per le realtà sensibili a chi si trova a dover affrontare le difficoltà di apprendimento, tanto di cappello sul serio perchè mi rendo conto perfettamente di quanto possa essere complicato per un genitore accompagnare un figlio in un percorso scolastico più duro da affrontare rispetto agli altri. Lo so per esperienza diretta anche se per interposta persona, non entro nei dettagli ma ti assicuro che lo so perfettamente.
D’altro canto, però, trovo sconfortante la quasi totale disattenzione per gli alunni che meriterebbero – esattamente come gli altri – attenzioni anche una tantum per esprimere se stessi. Ignorarli o liquidarli con un lapidario “tanto loro a scuola vanno bene, che bisogno c’è di occuparsene?” a mio avviso equivale a non tener conto delle esigenze di un bambino con difficoltà di apprendimento.
Questo è il mio personalissimo e in quanto tale opinabile parere. So che non piacerà a molti, ma la penso così: basta un nulla, a volte, per regalare quel briciolo di attenzione in più che fa la differenza. Anche chiedere a un bambino di farsi aiutare con la programmazione di una lavagna elettronica, giusto per fare un banalissimo esempio.
Mi ricordi me… A 4 anni leggevo leggevo leggevo e per regalo non volevo altro che libri… Però ero pacata e socievole. Simone è abbastanza tranquillo, ma i suoi giochi, tra i quali il preferito è contare velocemente all’indietro in inglese, non vanno per la maggiore tra i piccoli d
della scuola materna… E così si sente emarginato, si arrabbia, li graffia e si isola… E spesso per questi comportamenti viene pure messo seduto “a pensare” (che già sono metodi educativi discutibili per conto mio…)…
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