Il foglio bianco
Sono davanti a un foglio spaventosamente bianco, un vuoto che vorrei colmare di parole luminose. Impossibile evitare quelle scontate, quelle che dicono tutti e non servono a nessuno. Soffi di imbarazzo, strascichi di banalità, impacciati tentativi che non vanno mai a segno.
Un foglio bianco che vorrei sporcare di consolazione che non c’è. Cancello, scrivo e poi cancello ancora. Vorrei raschiare via in qualche modo la pena, l’assurdità di una morte precoce, la sensazione soffocante di impotenza, l’inutilità dell’amore più feroce che non serve, non serve abbastanza.
Adesso so cosa provavano i miei amici quando tentavano di riempire fogli bianchi . Mio padre se ne stava andando via, un pezzo alla volta. Capisco, finalmente. Ora mi trovo al di là del muro. Banale, imbarazzata, goffa. Senza parole.
Io, quella che con le parole ci gioca tutti i giorni, quella che per farla stare zitta un istante la devi imbavagliare.
Io. Senza parole, ancora a caccia di risposte. Senza consolazione per me e per un amico che ora soffre, e altri che forse soffriranno un domani. Dio non voglia mai. La loro perdita potrebbe essere un figlio e io non voglio crederci, davvero non posso pensare a quanto sarà difficile riempire quel foglio.
Ho smesso di scrivere e cancellare. Ho riempito il mio foglio bianco con un semplice abbraccio. Ci ho aggiunto anche uno spicchio di sole che oggi splende fortissimo a Roma. Il mio amico è lontano, non posso guardare in faccia il suo dolore e stringerlo forte.
Ma so che ora starà sorridendo, in mezzo alle lacrime, per il mio goffo tentativo di mandargli calore. E sorrido piano anch’io. Il foglio bianco non mi fa più paura. L’ho riempito a modo mio, e a pensarci bene forse non era per niente necessario.