Lo strano viaggio di un oggetto smarrito
C’è una libreria unica a Roma: Nuova Europa I Granai, quella con le nuvole sul soffitto; è un posto in cui presentano soltanto i più grandi.
Mi hanno contattata per partecipare a un evento meraviglioso, inizialmente volevano che facessi da relatrice. Le libraie sapevano che avevo letto in anteprima Lo strano viaggio di un oggetto smarrito. Quello che ignoravano, però, è che il mio nome fosse nei ringraziamenti finali di un romanzo incantevole. Il mio, insieme a quello di altri amici di “Sasa’”. Queste le sue parole per noi: “lettori in corso d’opera, consiglieri preziosi e incoraggianti”.
Lacrimuccia. Un onore essere citata al termine di un viaggio meraviglioso appeso all’emozionante ricerca di un perché. Un onore, chiunque conosca Salvatore Basile sa che non esagero neanche un po’.
Così, mi sono ritrovata ad assumere un ruolo ancora più emozionante: raccontare l’uomo, più che lo scrittore, io che ho il privilegio di conoscerlo anche sotto questo aspetto. Seduto accanto a me, tutta di rosso vestita, c’era un altro suo amico. Un personaggio lievemente più noto della sottoscritta. Uomo delizioso, timido e riservato nonostante la sua fama, dolcissimo e ironico. Uno che, quando è stato il suo turno di leggere, ha dichiarato scherzosamente: “Vabbe’, mo’ me tòcca legge’ questa cosa qua…” E, poco prima, mentre raccontava la nascita della sua amicizia con Salvatore Basile, fra i più stimati sceneggiatori RAI al suo esordio come scrittore : “Mi sento più a mio agio con le scazzottate, in realtà.”
A condurre magistralmente la presentazione, la giornalista Alessandra Rotolo di Radiolibri, una donna spigliata e simpaticissima. Quando ha dichiarato di voler sedere accanto a Salvatore lasciando a me il posto vicino a Terence Hill, mi ha sussurrato ridendo: “Così non ti cala l’emozione! Felice?”
“Eccome no, Alessa’! Tu sì che sei un’amica!” ho replicato io con un filino stridulo di voce, a un passo dallo svenimento, consapevole del fatto che da lì a pochi minuti avrei dovuto non solo parlare, ma addirittura leggere un paio di brani tratti dal libro davanti a una folla di almeno trecento persone. Con Don Matteo accanto, tanto per lastricare l’impresa di petali di rosa.
Un pomeriggio emozionante per una serie di fattori facilmente intuibili. Un altro, più profondo, ve lo svelo io: il pregio de Lo strano viaggio di un oggetto smarrito è quello di saper raccontare bene il dolore e il senso di smarrimento, quello che ci indurisce e ci rende disincantati. Non è solo una favola possibile per chi ha ancora fiducia nel futuro, non è semplicemente il miracolo di un amore che scioglie nodi irrisolti.
Il pregio è che può piacere anche alle persone come me, decisamente poco amanti di una narrazione solo in apparenza colma di buoni sentimenti. E allora, ho avuto gli occhi a cuoricino per tutto il pomeriggio. Un evento nell’evento, fidatevi di me.
L’ho scritto sulla bacheca Facebook di Salvatore, come didascalia a una foto che adoro e che ci ritrae assieme. Con il mio consueto affetto ruvido, perché io l’amore lo so raccontare soltanto così.
Che si metta a verbale: io ODIO quest’uomo che mi fa vestire di rosso, commuovere e ridere fino alle lacrime.
Lo ODIO, perché le dark lady vestono solo di nero e non si emozionano mai, neppure davanti a una folla di trecento persone.
Ci vuole poco per accarezzare il cuore di Winnie the Pooh.
A far singhiozzare Crudelia Demon ci riesce soltanto Sasa’.
L’unico rimpianto in un pomeriggio che conserverò fra i miei ricordi più intensi e luminosi: non mi è venuta in mente una battuta carina che avrebbe magari fatto sorridere i presenti e tranquillizzato me.
Non preparo mai in anticipo frasi da tirare fuori ad hoc e sono tutto, tranne un’attrice professionista.
Però, dopo l’introduzione di Alessandra Rotolo, ho aperto io le danze.
Seduta gomito a gomito con Terence Hill, sono stata la prima a leggere.
La prima.
Ecco, questo non me lo perdonerò mai. Di non aver avuto la consueta prontezza di spirito, c’era troppa gente ed ero quasi senza fiato. Troppa paura di prendere papere, di massacrare quell’incipit così emozionante.
Non mi è venuto proprio in mente che, prima di premere il tasto del microfono su ON, avrei potuto girarmi verso Terence Hill, chinare leggermente il capo con deferenza, porgergli il Kindle e chiedergli:
– Don Matteo, la prego: benedica questa prima lettura.
Però, come dico sempre io, l’umorismo è un parto precipitoso. Non nasce mai da un travaglio programmato.
E allora va bene così, magari la prossima volta 😉