Oggi ospito molto volentieri la testimonianza di Pierluigi “Dr.K” Cappadonia per Sono un papà staccato . A dirvela tutta, non so raccontarvi molto di quest’uomo. E’ un nuovo amico virtuale, ciò che abbiamo in comune è la conoscenza con Stratobabbo , lo sconsiderato che ha avuto il coraggio di tenere a battesimo questa iniziativa dedicata ai papà.

Nel ringraziarlo per il suo contributo, gli comunico che anch’io detesto il termine “mammo”. Qualcuno chiama forse “babbe” l’esercito di donne che al mattino si alzano per andare a lavorare oppure quelle che, come me, giocano a pallone con il figlio? No, direi di no. Non sei un marziano, Pierluigi, gli autentici alieni sono quelli che si stupiscono quando partecipi alle riunioni di classe al posto della tua compagna di vita. Sono loro che dovrebbero cambiare pianeta, subito e in forma definitiva. 

Ecco cosa ci racconta Pierluigi del suo essere staccato dentro, fuori e da ‘na parte:

Papà in regalo 

Sono un papà “staccato” da sempre, quindi capelli lunghi, raccolti ordinatamente in un coda di cavallo perche altrimenti non ci stanno, t-shirt e felpe a volontà, jeans o pantaloni molto easy, scarpe da tennis e da trekking fanno parte di me. Ma anche perché mi sono staccato da un certo modo di vedere i ruoli nei quali troppo spesso si è inquadrati. Papà staccato mi piace molto più di “mammo”; primo perché non rende giustizia al ruolo delle mamme (noi siamo mooolto meno bravi) e poi perché sembra quasi che ci si vergogni di essere solo “papà”, quasi che la cosa non sia abbastanza efficace. Io invece mi definirei un papà presente o, per giocare con le parole, un papà in regalo… Quando nasci acquisti una mamma e in regalo ti diamo anche un papà … Quasi quasi potrei proporlo come spot a qualche catena di ospedali, articoli per l’infanzia e simili.               

La scelta di “staccarmi” definitivamente è avvenuta dieci anni fa, quando ho deciso di buttarmi in un lavoro autonomo, non per motivi economici visto che avevo una prospettiva di soli 4-5 mesi sicuri, piuttosto che restare nel limbo di una mobilità aziendale e quindi in balia di scelte altrui.

Ho deciso che avrei gestito io il mio tempo e che avrei condiviso con mia moglie il carico di lavoro familiare e di accudimento delle signorine, che all’epoca avevano 9 e 2 anni. Sarei riuscito a seguire il lavoro, in gran parte da casa, ma anche godermi i momenti più belli della vita delle mie bimbe, quando le vedi crescere giorno per giorno e diventi protagonista attivo della loro vita.

Mi sono detto che il tempo che avrei perduto con le mie figlie non sarebbe tornato indietro, che questo aveva un sapore particolare e, egoisticamente, non avevo voglia di mancare questi momenti per una carriera lavorativa.

Sono stato molto fortunato, perché avevo, e ho, una moglie con un posto di lavoro e uno stipendio sicuro, pur lavorando nel privato, che mi ha supportato e incoraggiato in questa scelta forse un po’ avventata perché apparentemente molto più incerta e rischiosa di un impiego tradizionale. E poi perché il tipo di lavoro, scrivere software, mi consentiva di essere operativo in qualsiasi posto dove si potesse accendere un computer e collegarsi ad internet. Dopo dieci anni continuo a lavorare per conto mio e gli incarichi lavorativi si sono succeduti nel tempo in modo regolare … a volte la fortuna aiuta davvero gli audaci 😀

Non mi ha mai pesato il dover preparare da mangiare, lavare i piatti, stirare e fare tutto quello che serve per gestire una famiglia (ammetto che odio però fare le pulizie) e nemmeno sono mai andato in panico se si trattava di stare da solo per qualche giorno con le piccole. Si tratta soltanto di dare una mano e contribuire ad un compito che culturalmente e socialmente viene ancora affibbiato alle donne, anche se magari lavorano già fuori casa; a seconda delle esigenze chi può fare una cosa la fa, con uno scambio di ruoli che nel nostro caso si è rivelato vincente e per niente traumatico nei confronti delle nostre figlie.

Così spesso mi sono ritrovato, unico papà, a partecipare alle riunioni con gli insegnanti a scuola, sembrando un marziano o un santo a seconda delle fantasie delle mamme presenti, oppure, come continuo tuttora, a fare da autista nel tragitto casa-piscina quasi quotidianamente. E tutto questo senza perdere quel pizzico di follia che non guasta mai nella vita, tanto che a volte le tre donne di casa mi dicono che devo smetterla di fare il cretino o lo stupido quando esagero nelle battute o nei comportamenti un po’ sopra le righe, ma che poi non si vergognano quando vado in giro, superati ormai da un pezzo i primi “anta”, con la maglietta di Spongebob o quella di Lupin III, oppure espongo sul balcone di casa la bandiera dei pirati di OnePiece.

Ma vuoi mettere la soddisfazione quando tua figlia ritorna a casa dopo lo scambio culturale in Inghilterra oppure dopo una vacanza studio a New York e ti dice “papà, quanto mi sono mancati i tuoi piatti e la tua cucina”?

Pierluigi “Dr.K” Cappadonia