Piccoli giganti
Avrò avuto sì e no tre anni, stavo litigando con un bimbetto prepotente, più grande e alto di me. Mi sono difesa come ho potuto, sono volati anche sganassoni. Suoi, principalmente.
Poi, mi sono giocata il Jolly: – Guarda che se non la pianti, chiamo il mio papà, eh! Ché il mio papà, lui, sì che è un gigantone! –
Mio padre sfiorava appena il metro e settanta, ma in certe occasioni era davvero mastodontico: se non sapeva fare una cosa, lui si incollava a qualcuno affinché gliela insegnasse.
Così, ha costruito mobili senza essere falegname, ha scolpito legno senza essere scultore, ha battuto ferro in forme sorprendenti senza essere fabbro, ha cucito le tende del soggiorno quando mia madre era incinta di me, e lui non era un sarto.
E’ stato muratore, piastrellista, pittore, decoratore, ha restaurato mobili, regalato nuova vita a vecchie e preziose mangiatoie di noce recuperate da una stalla. Puntava il suo maestro di turno e smetteva anche di dormire finché non imparava.
Era attento, capace, aveva intelligenza pratica e tanta forza di volontà. Imparava in fretta, quel piccolo fenomeno di mio padre.
Sto facendo anch’io una cosa che non è il mio mestiere. Non è facile, ci vuole tanta tenacia.
E’ dura, perché mi si chiede di tirare fuori il cuore e io mi vergogno, come se si trattasse di andarsene in giro tutta nuda.
E’ pesante, perché non mi riesce come vorrei. Perdo la pazienza, mi scoraggio, poi mi rimetto a testa bassa e ricomincio.
E’ una sensazione nuova, rotonda, spiazzante e soprendente perché per la prima volta in vita mia porto avanti una fatica bella, e non semplicemente una fatica.
Non sarò mai una “gigantona” per mio figlio. Mentre mi accoccolo per gioco sul suo torace mi sfotte e mi chiama “piccolina”.
Io sfioro appena il metro e sessanta, lui mi supera di due dita, mi fa paura e splendida tenerezza questa faccenda qui.
Ma quel “piccolina”, ora che sa quello che sto facendo, detto con quel vocione e l’aria strafottente, quel “piccolina” seguito da una stritolata d’amore e uno sguardo orgoglioso di quegli occhioni vellutati, in questi giorni fa sentire gigantona pure me.
Esattamente un anno fa ho scritto queste poche righe : Replica d’amore. Un raccontino semplicissimo, elementare, poche riflessioni buttate giù al volo mentre ero ancora mezza addormentata e infreddolita. Oggi dovrei fare una carezza riconoscente a quest’uomo e al suo amico, sorrido mentre ci penso ancora mezza addormentata. Ma il freddo non lo sento più, è cominciato tutto da qui.