Premiazione Concorso Letterario Nazionale Dieci Lune 2015
Vincere il Concorso Letterario Nazionale Dieci Lune 2015, è questa la terza emozione che ho vissuto domenica scorsa, oltre a ciò che ho già raccontato qui.
Già arrivare fra i dieci finalisti mi aveva enormemente sorpresa, il mio non è affatto un racconto semplice da digerire. Mi hanno chiesto di fare un discorso, qualche minuto prima di consegnarmi la targa, sono andata completamente in tilt.
Ho ringraziato il mio amico nonché editor Lorenzo, ma non sono riuscita a dire grazie ai giurati né a complimentarmi con tutti gli altri finalisti. La qualità dei racconti, così dicono, era ottima. Giudicare la validità di uno scritto rispetto a un altro non è semplicissimo; forse il mio è stato quello che ha colpito di più, vista la tematica.
La difficoltà maggiore nel raccontare Eva è stata quella di non giudicarla né di assolverla, davvero complicato non prendere una posizione.
Il pregio di “E’ capitato” (così mi hanno detto) è il ritmo particolare, altalenante, i passaggi da un tempo all’altro della vita della protagonista che si rincorrono per tutta la narrazione.
Ho avvertito il bisogno di parlare di donne come lei, sole e disperate, donne alle quali si chiede di portare sulle spalle un carico spaventosamente pesante. Devono farlo, perché una madre può tutto. No. Certe volte una madre non ce la fa, questa è la mia Eva. Non le ho dato il nome della prima peccatrice, le ho attribuito quello che la Bibbia traduce come “colei che suscita la vita” e purtroppo, in questo caso, la subisce.
Ogni volta che rileggo questo breve racconto, appena otto cartelle, mi sento male. Non è una posa da Ssscrittriceh, la mia. Mi sento male e basta.
Questo non è il primo premio letterario che ho il piacere di vincere, è però il primo che mi ha regalato l’opportunità di sdoganarmi dall’etichetta di “quella che scrive cose divertenti”. E’ per questo motivo che sono così felice e sorpresa: io, l’umorista che nel 2009 ha vinto il Premio Massimo Troisi con un monologo di cabaret sulle tragicomiche (non) vacanze delle mamme, sei anni dopo vengo apprezzata per uno scritto che parla di infanticidio.
Mi avevano chiesto di pronunciare un discorso, non ci sono riuscita. Scrivo allora qualche rigo qui, ancora incredula per quello che mi è capitato.
Ringrazio i giurati per avermi regalato la gioia di questo premio, la loro scelta di rendermi vincitrice è stata coraggiosa più del mio racconto. Ringrazio mio marito Stefano per aver sempre condiviso con me il compito di genitore, soprattutto nei momenti più difficili. Ringrazio il mio editor e grande amico Lorenzo Gasparrini, è anche per merito della sua ostinazione che sto imparando a scrivere. Ringrazio Eva, che è venuta a cercarmi spaventandomi a morte; quando mi ha parlato di sé io l’ho semplicemente ascoltata e non ho avuto più paura di lei, o di me stessa. Ringrazio tutti quelli che mi dicono “ce la puoi fare” e soprattutto quelli che, appiccicati al loro ego, non me lo dicono mai. Sono questi ultimi che mi regalano la spinta più potente, e neppure lo sanno.
Dedico questa vittoria a un uomo che, se fosse possibile, mi prenderebbe amorevolmente in giro: “Io so’ il papà della scrittriSCE, aaaaaambe’! ” con la C romana romana e strascicata. Così mi ha canzonato, anni fa, quando ho vinto il mio primo concorso letterario. Mi prenderebbe in giro anche adesso, eccome, ma qualcuno ha deciso che non dovessi più sentire la sua voce. E’ quello che mi manca di più di lui. Ma sono sicura che, in qualche strana maniera, questa sala è piena del suo orgoglio di padre e forse anche un angolino di cielo dove dar di gomito a nuovi compagni di viaggio e sghignazzare: “La vedete quella? Quella piccoletta laggiù, quella che me somija tanto? Quella, porca miseria, quella è mi fiija!”
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