Scrivere, notorietà e prestigio
Un paio di giorni fa sono stata contattata in privato su Facebook da una persona che si occupa di consulenza letteraria, un intermediario fra scrittori e case editrici. Il suo messaggio era molto garbato, allora ho accettato di farmi inviare un’informativa via mail. Mi proponeva di partecipare a un’antologia. Il corpo della mail mi piaceva molto, l’allegato no.
Ho letto ogni sua parte attentamente il mattino successivo: un volantino dalla grafica adolescenziale, condito da caratteri colorati, grassetti, entusiasmo ammerregano, toni da coach. Una cosa tipo “I want you!”, mancava il ditino dello Zio Sam.
Ho respirato profondamente. Ho frenato l’impulsività a fatica. Sparare la prima cosa che ti passa in mente, nell’ esatto momento in cui ti passa in mente, non è libertà di parola. E’ demenza. Ho riflettuto ancora, ho cancellato la prima risposta, cioè questa:
No, guarda. Non ci siamo proprio. Non sono una di quelle che ucciderebbero o pagherebbero ( anche se non era previsto alcun “contributo” da parte degli autori, in quel caso sarebbe scattato il vaffa di default ) pur di vedere il proprio nome pubblicato su un libro. Non mi interessano certe minchiate, e trovo disgustoso far leva sul concetto di beneficenza per reclutare polli ambiziosi.
La proposta consisteva nella realizzazione di un’antologia previo concorso interno laddove ogni partecipante sarebbe stato chiamato a giudicare i racconti degli altri con la massima onestà ( rido, veramente ), non come quei giudici “farlocchi” dei premi letterari ( ne esistono, eccome, ma a me non è mai successo di incontrarne ). Nessun contributo da parte degli autori, soltanto la richiesta di sbattersi a manetta per promozionare il lavoro a cose fatte ( e, questa è una mia supposizione, l’acquisto di almeno una copia per coprire le spese di stampa. Ma a prezzo scontato, eh!). I proventi sarebbero stati devoluti in beneficenza. Visto così, non suona malissimo. Voglio essere buona, anche se mi riesce difficile. Però, ve lo assicuro, il tono dell’informativa era agghiacciante.
Ho ragionato qualche istante e ho così risposto:
Gentilissim* XXX,
ho avuto modo di visionare l’informativa e sono spiacente di risponderle che non sono interessata.
Mi permetto anche di spiegarle i motivi, augurandomi di non rubarle tempo prezioso.
Non mi piace il tono della proposta, l’esortazione “Sii il fan più sfegatato di te stesso” ( non amo il termine “fan”, soprattutto ego riferito ), la notorietà e il prestigio promessi in cambio di una promozione a tappeto di questo lavoro e l’aggettivo “farlocco” associato alla figura di un giurato. Sappiamo entrambi che non tutti i concorsi sono cristallini come acqua di fonte, ma trovo poco professionale utilizzare un aggettivo così easy going in una dispensa che si pregia di promuovere arte, cultura, buoni sentimenti natalizi e soprattutto beneficenza.
Mi sono iscritta a diversi premi letterari senza che nessuno mi reclutasse su Facebook e ho avuto la fortuna di non incontrare individui “farlocchi” fra i giurati, ma professionisti di accertata validità e competenza. Incredibilmente ne ho vinti tre e sono arrivata fra i finalisti in diversi altri casi, me ne stupisco ancora ma questo è accaduto.
La sua modalità di comunicazione appare come una campagna marketing e un’opportunità per gli autori di mettersi in mostra con il pretesto di un gesto solidale nei confronti di una bambina in difficoltà.
Perdoni la franchezza, ma è questa la sensazione che ricavo leggendo il suo allegato e non mi piace.
Preferisco compiere beneficenza in modo più discreto, sia con la mia scrittura, sia a livello personale. E difficilmente lo racconto in giro.
Perdoni davvero se l’ho trattenuta così a lungo, ma non sono a caccia di notorietà o prestigio. Magari in cerca di qualche lettore in più sì, mai stata un’ipocrita, però la mia modesta esperienza nel campo mi insegna che non lo otterrò certamente con ciò che mi propone lei.
Con la massima cordialità,
Luana
Il destinatario della mail legge, seguono diversi minuti di silenzio.
Bene, mi sono detta, sarà sicuramente a caccia di un altro pollo arrogante, un fan di se stesso. Non riceverò mai una risposta.
Invece no. Questa persona stava riflettendo sul cosa replicare, esattamente come ho fatto io quando ho letto i termini della sua proposta. Ne è scaturito uno scambio di vedute meraviglioso, che non posso riportare qui per ovvi motivi.
Ho avuto subito la sensazione che quella proposta non fosse opera sua, che il suo compito fosse castrato da una professione che difficilmente ti consente di essere te stesso. Ne ho avuto la conferma poco dopo, quando ho ricevuto risposta a questo consiglio:
Mi permetto un suggerimento, fuori dai denti, rischiando di farmi mandare a quel paese ma lei mi sembra troppo educat* per farlo.
Rivedete i termini dell’informativa, scriveteci quello che ha appena raccontato a me: un lavoro collettivo, a scopo benefico, dove tutti sono chiamati a partecipare in qualità di giudici con onestà e a fare una cosa bella insieme, senza mettere in ballo fama o notorietà o registri troppo ammerregani .
Sono certissima del fatto che i partecipanti si impegneranno attivamente a promuoverla sui social e compagnia bella. Sarà gente convinta della bontà del progetto, non persone che ucciderebbe pur di vedere il loro nome pubblicato sulla copertina di un libro, non importa molto quale. Sono in genere quelli meno dotati di talento, soprattutto sono quelli troppo concentrati su se stessi, i meno adatti a un lavoro corale.
Questa persona non aveva alcuna autonomia decisionale in merito, non poteva proporre variazioni a quell’informativa e non ne era affatto entusiasta. Se non avessi frenato la mia impulsività, non l’avrei mai scoperto.
Il senso di questo post quale sarebbe? Probabilmente raccontarvi il Disgusto che provo ogni volta che ricevo proposte di questo genere: si moltiplicano in modo esponenziale grazie a tutti quelli che ucciderebbero o pagherebbero pur di vedere il loro nome pubblicato da qualche parte. E anche la Tristezza di sapere che, per uno che risponde di no, ce ne sono mille che accettano. La Rabbia che mi sale al pensiero che risorse umane ottime potrebbero essere impiegate in modo più serio, sia gli scrittori che gli intermediari, la Gioia di scoprire che la persona con cui ho avuto questo scambio di mail la pensa esattamente come me.
Paura no, non ne provo. Certe faccende non mi fanno paura, almeno questa sensazione mi è risparmiata.
Ieri pomeriggio sono andata al cinema a vedere Inside Out, sono cose che lasciano traccia. Però non ho pianto come una fontana, tranne in un paio di occasioni, e sono ancora qui a domandarmi il perché.
Luana meglio di cos`i cosa volevate dirvi? A te Inside Out ti spiccia casa, ti spiccia.
Mammamsterdam, siore e siori. Io la adoro, adoratela anche voi.
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