Tema: Il mio papà
Prima elementare, 19 marzo 1976.
Tema: “Il mio papà”
Svolgimento: “Il mio papà è basso e buono ( sì, come er panettone de Le Tre Marie ), ha i capelli bianchi e le mani tutte screpolate. Fa il gelato più buono del mondo e io gli chiedo sempre il permesso di mangiarlo anche se il bar è pure mio”.
Come er panettone de Le Tre Marie lo aggiunse sorridendo mio padre che era basso, buono ma all’epoca di capelli bianchi ne aveva pochi. Un ragazzo di neppure quarant’anni, quei pochi fili candidi spiccavano sulla testa nerissima, per questo a me sembrava già canuto.
Aveva le mani sempre screpolate e rosse, di usare la lavastoviglie al bar non se ne parlava, le tuffava ogni giorno per un sacco di ore nell’acqua saponata “perché quell’affare le tazzine mica le lava come dico io”.
C’è una piccola parte del “bar che è pure mio” nel mio romanzo:
«Era davvero bravo a prepararlo, una lunga tradizione di famiglia. Ernesto lo osservava incantato dosare gli ingredienti con la precisione di un orefice che soppesa frammenti d’oro; tutta roba genuina, non quella porcheria in polvere che ti appioppano nelle altre gelaterie. Sceglieva con amore la frutta più matura, quella carica di gusto, e il cacao pregiato. Lo ordinava sempre dallo stesso fornitore, da anni. Cioccolato di prima qualità e latte freschissimo, non un gradino sotto all’ottimo per i suoi clienti.
Sgusciava le uova a due a due con l’abilità di un prestigiatore, rapido come i lampi che squarciano il cielo all’improvviso e non ti accorgi quasi che un attimo dopo è arrivata la pioggia.»
A distanza di trent’anni da quel tema, ho vinto un concorso letterario prestigioso. E’ allora che ha iniziato a sfottermi in un modo che a tanti avrebbe dato sui nervi, non a me.
“Io so’ er papà de ‘na SSSSscrittrice, eh! Ambe’! “.
Mi sfotteva, ma io lo so che era davvero orgoglioso di me. Lui l’amore me l’ha sempre detto così.
Oggi, 19 marzo 2015
Tema: “Ti manca il tuo papà?”
Svolgimento:” Sì…”
Potrei scrivere lo stesso tema oggi, papà è mancato 11 mesi fa ed è dura. Ci guardano Luana, e noi che scriviamo possiamo metterli nelle nostre storie, come ci va, che siano loro e anche un po’ no. Possiamo dedicargli i nostri romanzi. Non c’entra ma, bellissimo il tuo vestito. E io con gli abiti da sposa sono criticissssima.
Noi possiamo farli rivivere con le parole, già. Dedicare loro romanzi, raccontarli meglio di come potrebbero fare altri. Scriverne ci fa bene, altre volte meno. Decongestiona un po’ il dolore, è verissimo.
Il vestito mi entra ancora, anche se tira leggermente sul punto vita. Vidi una foto su un giornale, andai da una sarta e me lo feci cucire identico. Me ne innamorai immediatamente, non so neppure io il perché.
Lo so che è dura.
Grazie per esserti affacciata qui.
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