Tempo!
Io adoro Jovanotti. L’ho conosciuto secoli fa quando faceva il dj al “Veleno”, una discoteca che andava per la maggiore a Roma quando ero ragazzina e lui era solo un pischello che muoveva i primi passi nel mondo della musica. Mi piace da matti questo vecchio brano ritmato, un pezzo parecchio acerbo rispetto al Lorenzo Cherubini di oggi. L’ha scritto quando non si era ancora riprodotto, per questo parla del tempo in termini così energici.
In questo post non vi racconterò di come l’essere diventata mamma abbia cambiato la mia gestione del tempo. C’è già chi ha riassunto il concetto egregiamente su genitoricrescono.com. Supermambanana, ad esempio, la quale scrive che “E’ come se da ora in poi tutto quello che prima facevi ora lo dovessi fare, che so, solo con la sinistra, o saltando su un piede solo, o parlando all’incontrario, e’ proprio la sensazione di avere un ostacolo costante anche nelle funzioni piu’ elementari, e fra l’altro un ostacolo che non aggiunge niente al tuo task “normale” oppure Mammmasterdam “Prima dei figli io mangiavo, pisciavo, e cacavo e mi lavavo quando ne avevo bisogno. Adesso anche volendo e potendo, faccio fatica. E’ abbastanza basic perchè si capisca questo o è meglio se aggiungo i disegnini?”.
Quella che vorrei condividere con voi è la sensazione di essere un orologio che va sempre troppo avanti, o troppo indietro. Non riesco a sincronizzarmi con i tempi di mio figlio. Per quanto mi sforzi, mi riesce difficile. Aggiungeteci anche il fatto che la sua crisi pre adolescenziale sta toccando picchi insostenibili (nello specifico: pessimismo cosmico e voglia di fare pari a zero) e magari riuscirete a immedesimarvi un po’ nel mio vissuto.
Superboy è diventato un perditempo totanico, giusto per citare una delle sue espressioni preferite. Il suo sport preferito è fare melina, come un giocatore consumato. Per chi avesse poca familiarità con i termini calcistici, il lemma si traduce come “la serie di azioni costituita da passaggi continui e sterili tra compagni per guadagnare tempo allo scopo di salvaguardare il punteggio favorevole acquisito.”
Il problema è che non riesco a inculcare nella sua bella capoccetta il concetto di “gestione del tempo”. Non pretendo che svolga i suoi compiti presto e bene in tutte le occasioni, non esigo ubbidienza immediata e assoluta da lui, non mi arrogo il diritto di organizzare al secondo le sue giornate, anzi, lo lascio piuttosto libero di scegliere i suoi tempi, incluso come e quando svolgere i compiti scolastici. Cerco semplicemente di spiegargli che impiegare quaranta minuti per svolgere un’ attività che ne richiede appena una decina produce il risultato di sciupare tempo prezioso, tempo che può essere impiegato in mille altri modi, compreso l’ozio.
Oziare non è affatto una perdita di tempo: è una sacrosanta pausa benefica per tutti, bambini in primis. Impiegare cinque minuti per infilarsi una maglietta, invece, sì che corrisponde a bruciare il tempo in modo improduttivo.
So perfettamente che è un marmocchio di nove anni; me lo ricordo bene quando è nato, visto che c’ero anch’io. So anche che per i bambini il concetto di tempo assume sfaccettature che non coincidono mai con quelle degli adulti, è inevitabile che sia così. Quello che davvero non riesco a comprendere è quale parte della frase “Tesoro, se perdi tempo per fare questa cosa poi non ne rimarrà per andare al parco/leggere un libro/farci una partita a carte/andare a casa dell’amichetto/a X per fare merenda/sdraiarsi sul lettone a fissare il soffitto perché mica è detto che si debba correre da un’attività all’altra come palline impazzite” sia poco chiara a mio figlio.
La mia è una rielaborazione neppure troppo fantasiosa del concetto “Prima il dovere, dopo il piacere”, me ne rendo conto, però qualcosa di mio per renderla più accettabile ce lo metto. Quella che tento di proporgli è la tecnica degli sherpa che portano avanti il loro lavoro senza fermarsi mai per poi avere il tempo di ammirare le cime innevate dell’ Himalaya. E’ una filosofia di vita apparentemente dura, ma con i dovuti aggiustamenti del caso è quella a mio modesto parere più ragionevole.
Lui, però, è troppo curioso e impaziente: su quelle vette vuole affacciarcisi subito bypassndo i carichi pesanti. Prende l’ascensore, Superboy, sperando che io gli faccia da compiacente lifter perché sono la sua mamma. E le mamme, si sa, sono sempre disposte a evitare fatiche ai figli.
La parte profondamente imbevuta di amore cuoricinato della mia anima converebbe che sì, è ancora piccolino e magari certi concetti non riesce a recepirli. Quella più razionale, per capirci la stessa che registra dati di fatto come che ci scambiamo i calzini ormai da un anno abbondante, replica che no, non è affatto troppo difficile da capire.
Prima o poi riuscirò a spiegargli come non sperperare il suo tempo. Io non sono di etnia sherpa, ma mezzosangue calabrese. Le montagne della Sila non sono imponenti come quelle nepalesi, ma comunque bastevoli a illustrare il concetto. La testardaggine non mi manca, peccato che anche Superboy sia altrettanto cocciuto. E pensare che lui di sangue calabro ne custodisce davvero un goccino…
La vedo dura, la vedo.
Questo post partecipa al blogstorming di Genitori Crescono. Tema del mese: Il tempo.
Magari il gene calabro è recessivo in te e dominante in lui…
Ma penso di poterti dire con serenità che se avessi una femmina sarebbe ancora peggio. Questo almeno per i paragoni che posso fare vedendo amici, parenti e colleghi…
Magra consolazione, mi rendo conto. Se vuoi posso darti la stessa disponibilità che do sempre a mia cognata quando litiga con sua figlia: “se la strozzi, dirò che sei sempre stata con me”.
E a te serve un alibi? 😉
Non credo molto alle classificazioni di genere, credo di più alla sfiga benevola. Io ho in caso un perditempo, non penso sia determinante il fatto che faccia la pipì in piedi. Conosco molte mamme che hanno due figlie, mi dicono spesso che una ci mette dieci secondi per allacciare le scarpe, l’altra dieci minuti perché nel frattempo fa altre dieci cose, e alla fine non combina nulla di costruttivo. Mio cognato,per dirtene una, impiega un’ora per fare una doccia e considera che è completamente calvo. In venti minuti io riesco a docciarmi, truccarmi accuratamente e vestirmi in modo elegante. Questo è solo un banalissimo esempio su “l’accusa” più frequente che viene rivolta a una donna, quella di impiegare una vita per prepararsi, ma l’ottimizzazione dei tempi è semplicemente un dono, un dono senza sesso. Puoi acquisirla con il tempo, ma di base economo dei minuti bisogna nascerci.
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