Di umorismo, pizza fredda e birra calda
La comicità è un concetto assolutamente soggettivo, questo è pacifico, ma io temo di essere un caso quasi patologico: detesto tutti gli elementi che in genere fanno spanciare la maggior parte delle persone che frequento.
Non amo particolarmente Stanlio e Ollio – ooooooooooh, sacrilegio! Infilatemi un paletto di frassino nel cuore, me lo merito – e penso che la Terra sarebbe un posto migliore senza Mister Bean, Jim Carrey e soprattutto quei cabarettisti che infarciscono i loro pezzi di volgarità, sessismo e luoghi comuni pensando così di strappare un maggior numero di risate. E in linea di massima ci riescono, purtroppo. Ma non con me.
A costo di apparire fastidiosamente snob: è davvero difficile che qualcosa riesca a farmi ridere di gusto, l’unica forma di umorismo che apprezzo è sottile, lievemente folle e surreale. Mi piace il sarcasmo, mi piace l’autoironia, mi piacciono le persone che non vivono per farti ridere. Ti fanno ridere e basta.
Esiste una categoria, in particolar modo, che più che strapparmi un sorriso mi deprime: quelli che ci pensano su prima di sparare una battuta. L’ umorismo nasce da un parto precipitoso, mai da un travaglio programmato. Chi fa in continuazione giochi di parole, anche quelli non mi entusiasmano più di un tot. Un piccolo esempio? ” Oggi ho litigato con la Stirella, non voleva saperne di funzionare. Ne sono uscito vincitore, perché anch’io ho una volontà… di ferro!!! ” ( O. MIO. DIO!)
E chi mi manda davvero fuori di testa sono coloro che effettivamente possiedono un cervello settato per l’umorismo, una rapidità di pensiero e associazione di idee fuori dal comune, una predisposizione innata per le battute ma ne abusano. E alla fine stancano a morte. Questo perché, se ti ostini a spararne una a respiro, nel 99% dei casi tiri fuori fuffa. La legge dei grandi numeri non funziona davvero con l’umorismo. Questo è il mio opinabile parere.
E poi i barzellettieri ossessivi compulsivi, quelli veramente mi fanno salire su una lieve voglia di sterminio di massa. L’esempio più classico è la pizzata fra amici. Il simpatico umorista ti siede allegramente accanto. Sei tu l’agnello sacrificale della serata, tutti gli altri si sono premurati di prendere posto dieci sedie più in là/nella sala accanto/in una sperduta località su Marte.
Arriva finalmente la pizza, sono le nove e mezza di sera e magari oggi ti sei nutrito solo di bile e pratiche improcrastinabili in ufficio. Il burlone ti blocca sistematicamente il braccio e, già tronfio di riso autoindotto, ti sfranteca le terminazioni nervose con una sfilza di: ” Senti questa, eh! É fantastica, fa schiattare dal ridere!!!! MUAHAHAHAHAH!!!! ” mentre tu schiatteresti lui perché la pizza si fredda, la birra si scalda e il suo repertorio di barzellette fa cagare. Considerando che non riesci a mangiare una ceppa, certa gente non serve neppure a farti da purga.
La comicità involontaria, spesso propria dei bambini, quella davvero mi fa schiantare dal ridere. E quella degli adulti inconsapevolmente comici, quelli che in una conversazione fra amici magari tacciono tutta la serata. Ma nel momento in cui aprono la bocca, la pizza te la mandano di traverso per le risate. E tu, soffocando, li ringrazi pure.
Mi permetto di lanciare un piccolo appello: se i vostri amici fanno di tutto per non sedervi accanto al ristorante fatevi una domanda e datevi una risposta. E soprattutto: se proprio dovete sfoggiare il repertorio delle vostre irresistibili gag, aspettate almeno che si sparino un mezzo litro di birra. Non risolve, ma aiuta abbestia. Loro, non voi. Voi sembrate ubriachi anche da sobri.
Rilassatevi, ve lo chiedo per carità cristiana: lasciate che a salvare l’umanità dalla tristezza ci pensi un cane pratico di certe faccende. Snoopy, tanto per citare un esempio. Lui sì che fa ridere sul serio.